giovedì 23 aprile 2009

Mille sentenze indiane - Poesia

352. Due frutti dolcissimi ha l'albero velenoso dell'esistenza: il gustare il succo ambrosiaco della poesia e il conversare con uomini buoni.

353. Deh, deh, malvagi tutti quanti, ascoltate le mie parole! in cielo c'è il nèttare, ma non è facile per voi l'ottenerlo; perciò, a vantaggio vostro, noi facciamo qui l'ambrosia della poesia: bevetela con sommo rispetto!

354. La musica e la poesia sono le due mammelle di Sarasvatî; l'una dolce ad un tratto, l'altra ambrosia alla riflessione.

360. "Dove potrò coglierlo in fallo?" Così rivolgendo nella mente, il tristo si prepara ad udire le poesie dei valenti.

366. Furono gli anni di gran meraviglie:

nessun litigio mai nelle famiglie;

alla moglie fedele ogni marito,

ogni liquore odiato ed abborrito;

i giudici incorrotti,

i preti onesti e dotti;...

più gran portento dell'età dell'oro:

i poeti lodavansi fra loro.

Un ammonimento profetico di un sanscritista francese


Riprendendo 'Orientalismo' di Edward Said, mi sono imbattuto (p.262 dell'ed. Bollati Boringhieri) in un passo piuttosto impressionante dell'illustre indologo francese Sylvain Lévi (nella foto), professore di sanscrito del Collège de France dal 1894 al 1935 (quasi gli stessi anni di Pavolini, però Lévi era decisamente di un altro versante, come ebreo francese). Ebbene, questi scrisse nel 1925 a proposito dei rapporti tra Occidente e Oriente:
"E' nostro dovere comprendere la civiltà orientale. [...] Quei popoli sono eredi di una lunga tradizione di storia, arte e religione, il cui senso non hanno interamente smarrito, e che probabilmente intendono prolungare. Noi ci siamo assunti la responsabilità d'intervenire nel loro sviluppo, talvolta senza consultarli, talaltra rispondendo a una loro richiesta [...] Sosteniamo, a torto o a ragione, di rappresentare una civiltà superiore, e in nome del diritto che ci verrebbe da tale superiorità, che regolarmente affermiamo con tanta sicurezza da farla sembrare loro incontestabile, abbiamo messo in discussione tutte le loro più radicate consuetudini [...]
In generale, quindi, ogni volta che gli europei sono intervenuti, l'indigeno ha provato una sorta di disperazione globale, resa particolarmente pungente dal sentire che il proprio benessere, nella sfera morale più che in termini meramente materiali, invece di crescere era in realtà diminuito. [...] La delusione è diventata risentimento da un capo all'altro dell'Oriente, e quel risentimento è ora assai prossimo a mutarsi in odio vero e proprio, e l'odio non fa poi che attendere il momento propizio per mutarsi in atti concreti.
Se per pigrizia o incomprensione l'Europa non compirà lo sforzo che le è richiesto nel suo stesso interesse, allora il dramma asiatico si avvicinerà al punto critico.
E' qui che la scienza, che è un modo di vita e uno strumento della politica - ovunque i nostri interessi siano in gioco - ha implicitamente il dovere di penetrare nell'intimo delle civiltà e dei modi di vita dei nativi per scoprire i loro valori fondamentali e le loro caratteristiche durature, invece di soffocarne l'esistenza sotto una massa incoerente di modi di vita importati dall'Europa."
Nonostante l'epoca del colonialismo appaia ormai lontana, e non si usino più termini come 'indigeni' e 'nativi', il messaggio conserva una sua scottante attualità, soprattutto per il mondo islamico, ma anche l'India è una di quelle 'civiltà orientali' a cui doveva pensare Sylvain Lévi. E' vero che essa appare amichevole e ospitale verso gli Occidentali, ma non mancano episodi di reazione violenta ai missionari cristiani (recentemente in Orissa), e una frangia di conservatori ostili all'influenza occidentale. Sta a noi comprendere la civiltà dell'India (e dell'Islam, e della Cina) per poter interagire con essa nel modo più corretto, rispettoso, e proficuo per entrambe le parti. E, naturalmente, per ampliare la nostra conoscenza dell'essere umano e delle sue (spesso sorprendenti) potenzialità, riconoscendo che le differenze culturali non ci fanno appartenere a categorie ontologiche diverse...










venerdì 17 aprile 2009

Mille sentenze indiane - Eloquenza

343. Eloquente è chi parla deciso e piacevole e con poche parole: chi espone con molte parole e con poco sugo, è un chiacchierone.

345. Quando si conversa, da una parola nasce un'altra parola, come da un seme ben annaffiato dalla pioggia, un altro seme.

347. O cacciatore, ti prego a mani giunte; non ci sono tanti altri mestieri in questo mondo? perché, ammazzando i pappagalli, privi questo bosco della dea dell'eloquenza?

350. Se non se ne spende nulla, si vuota; se se ne spende, aumenta di assai; strano davvero, o Eloquenza, appare il tuo scrigno!

351. Tutto quanto questo triplice mondo sarebbe tenebra cieca, se fin dalla creazione non vi splendesse la luce chiamata il Verbo.

giovedì 16 aprile 2009

Invasione aria dell'India: mito o realtà?

In risposta al recente commento da 'Orientamenti', blog orientalista, sulla questione di una migrazione 'aria' o 'indoeuropea' proveniente dall'esterno dell'India, cito un altro articolo di genetica recente, di Sengupta e altri, apparso sull'American Journal of Human Genetics del febbraio 2006

our overall inference is that an early Holocene expansion in northwestern India (including the Indus Valley) contributed R1a1-M17 chromosomes both to the Central Asian and South Asian tribes prior to the arrival of the Indo-Europeans.

there is no evidence whatsoever to conclude that Central Asia has been necessarily the recent donor and not the receptor of the R1a lineages.

Questo significa che le teorie che hanno circolato sull'origine centrasiatica dell'R1a1 in India non sono sostenibili, ma anzi sembra vero il contrario, che l'Asia centrale abbia una presenza più recente rispetto all'area indiana dell'R1a1, il gruppo genetico candidato a rappresentare gli indoeuropei. L'articolo di Sengupta continua a dare per buono il dogma dell'arrivo degli Indoeuropei, senza collegarlo all'arrivo di questo gruppo come hanno fatto altri genetisti, ma non dà prova di tale migrazione.
Inoltre, gli studi dell'antropologo fisico K.A.R. Kennedy sugli scheletri harappani gli hanno fatto concludere che sono sostanzialmente affini a quelli delle popolazioni attuali e comunque non vi sono discontinuità tra il 4500 e l'800 a.C., quindi nemmeno nel periodo indicato per l'invasione aria, ovvero il II millennio a.C.
L'indologo Edwin Bryant, intervistando gli archeologi indiani negli anni '90, ha notato che l'opinione prevalente è che non ci sono prove dell'invasione. E ancora gli archeologi Shaffer e Lichtenstein hanno scritto nel 1999:

Outside influences did affect South Asian cultural development in later historic periods, but an identifiable cultural tradition has continued, an Indo-Gangetic Tradition linking diverse social entities which span a time period from the development of food production in the seventh millennium BC to the present.

Questo significa che l'archeologia non ci permette di parlare di una discontinuità della civiltà dell'India, quale si supponeva sulla base della teoria dell'invasione aria. Occorre chiedersi come sia sorta questa teoria, su basi meramente linguistiche (con pregiudizi eurocentrici), e come sia diventata un dogma accettato senza le più elementari precauzioni critiche.

Leggendo le pubblicazioni indologiche, colpisce come si parli della migrazione indoeuropea in India nel II millennio a.C. come un dato di fatto, senza darne nessuna prova. E' un'idea ricevuta dagli accademici del passato, tramandata proprio come un mito fondativo, e difesa strenuamente come un credo, la cui messa in discussione potrebbe far traballare le fondamenta della Chiesa indoeuropeistica... Gli anti-invasionisti sono costretti ad assumere i toni veementi di un Lutero, e ad essere emarginati come pericolosi eretici!


giovedì 9 aprile 2009

Mille sentenze indiane - Dottrina e saggezza

305. Fra tutti i beni, la scienza fu detta il sommo bene: perché non può
essere né rapita, né deprezzata, né consumata mai.

311. Dove nemmeno il vento passa né entra il raggio del sole, ivi penetra
veloce l'intelletto dell'intelligente.

313. L'intelligenza di colui che legge, scrive, osserva, interroga, ricorre
ai dotti, si espande come la foglia di loto ai raggi del sole.

321. La dottrina e la regalità non sono mai eguali; al re si fa onore nel
suo paese, al dotto si fa onore dappertutto.

327. Pur vedendo un analfabeta pieno di quattrini, il dotto non abbandoni la scienza irreprensibile; forse che vedendo le cortigiane cariche di gioielli, le donne oneste diventano cortigiane?

mercoledì 1 aprile 2009

Cosa significa yoga?


योगः

Una delle parole sanscrite indubbiamente più note in Occidente è yoga, grazie alla diffusione delle discipline (soprattutto fisiche) che portano questo nome. Ma chi saprebbe rispondere alla domanda su cosa significhi in realtà questo termine?
La parola yoga deriva dalla radice yuj- 'aggiogare, unire, preparare, usare, concentrare (la mente)'. E infatti yoga è l'atto di aggiogare e il giogo (latino iugum), ma anche l'uso, l'applicazione, il mezzo, il metodo, ogni congiunzione (latino iungo), l'impegno e anche la concentrazione dei pensieri. Si arriva così allo yoga come meditazione, il cui fine è unificare la mente e, secondo l'interpretazione teista, unire lo spirito individuale allo Spirito supremo (Ishvara).
Come dice Mircea Eliade in Lo Yoga. Immortalità e libertà :
"L'accento è messo sullo sforzo dell'uomo ("mettere sotto il giogo"), sulla sua autodisciplina, con cui egli può raggiungere la concentrazione dello spirito [...] "Legare insieme", "tenere stretto", "mettere sotto il giogo", hanno lo scopo di unificare lo spirito, di abolire la dispersione o gli automatismi che caratterizzano la coscienza profana."

Secondo un'interpretazione buddhista, yoga è unificazione della calma concentrativa con la visione intuitiva superiore, che costituisce la premessa per il progresso nel sentiero spirituale.
Vorrei infine proporre una paraetimologia sorprendente che ho appreso venerdì scorso dal medico e yogin tibetano Nida Chenagtsang che insegna al centro Ewam di Firenze: yo è la verità assoluta, ga significa 'raggiungere', quindi lo yoga è 'raggiungere la verità assoluta'.
Qualcosa di alquanto diverso da quella specie di ginnastica indiana con cui in Occidente si tende a identificare questa parola così ricca di tradizione!

Mille sentenze indiane - Educazione. Maestri.


283. La scienza si acquista mediante l'obbedienza al maestro, ovvero mediante copia di denaro, od anche mediante un'altra scienza; un quarto mezzo non v'è.

285. Che cosa, o Eccelso, si deve accogliere? La parola del maestro. E che cosa fuggire? Le opere malvage. Chi è maestro? Colui che ricerca la verità ed è sempre intento al bene delle creature.

288. Salute, mente sveglia, buona condotta, zelo, diletto nei libri sono, per lo studente, i cinque mezzi interni per il successo; maestro, libro, dimora, condiscepoli, orecchi - sono invece i cinque mezzi esterni per progredire nello studio.

289. Impara una strofa, o un verso, o un emistichio, o una sillaba; dona, lèggi, lavora - purché il giorno non ti trascorra sterile.